Terapia del diabete di tipo 2, nuove linee guida: cosa cambia e cosa resta.

Il commento del professor Agostino Consoli, presidente SID e del professor Angelo Avogaro, presidente eletto della SID

Presentata al congresso ‘Panorama Diabete’ della Società Italiana di Diabetologia SID la nuova edizione delle linee guida congiunte della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) per la ‘ Terapia del diabete di tipo 2 ’ che l’Istituto Superiore di Sanità ha inserito all’interno del Sistema Nazionale delle Linee Guida (SNLG). La novità più eclatante delle nuove linee guida è che le sulfaniluree scompaiono dall’algoritmo terapeutico per il diabete di tipo 2. “Un passo necessario – commenta il professor Agostino Consoli , presidente della Società Italiana di Diabetologia SID – perché la revisione sistematica degli studi su questi farmaci ha evidenziato un rapporto benefici/rischi non favorevole per le sulfaniluree, rispetto ad altre, più moderne opzioni terapeutiche. Viene dunque raccomandato di non prescrivere queste molecole alle persone con diabete che non ne facciano già uso e di procedere alla loro progressiva sostituzione in chi fosse già in trattamento con questi farmaci”. “Il processo di sostituzione progressiva di terapie ormai obsolete – commenta il professor Edoardo Mannucci , coordinatore del panel di esperti della SID e dell’AMD che ha redatto le linee guida – potrà richiedere tempo e sforzo organizzativo, ma porterà certamente ad un miglioramento della qualità complessiva della cura per le persone con diabete di tipo 2”.

La seconda caratteristica distintiva delle nuove linee guida è che, contrariamente ad altre linee guida internazionali che hanno mostrato da subito un ‘innamoramento’ per le nuove molecole, le linee guida SID-AMD continuano a riservare un ruolo centrale alla metformina . E non potrebbe essere altrimenti: gli studi analizzati confermano che, sebbene ‘datato’, si tratta di un farmaco efficace e conveniente, in termini di rischio/beneficio. “Ma naturalmente – commenta il professor Angelo Avogaro , presidente eletto della SID – anche le nuove linee guida italiane recepiscono le evidenze prodotte dagli studi clinici sui benefici cardio-vascolari di alcune classi di farmaci come gli SGLT2 inibitori e i GLP-1 agonisti , che vengono dunque poste in una posizione importante all’interno degli algoritmi terapeutici. Questi farmaci vanno considerati in seconda linea, dopo la metformina, nei pazienti senza malattie cardiovascolari note, mentre vanno prescritti già in prima linea nei pazienti con patologie cardiovascolari”.

E uno dei pilastri del trattamento del diabete di tipo 2 resta comunque una sana alimentazione . Gli esperti diabetologi raccomandano di seguire una dieta bilanciata di tipo mediterraneo, mentre sconsigliano le diete ipoglicidiche (le cosiddette ‘low-carb’) e quelle chetogeniche, nella terapia a lungo termine del diabete di tipo 2. Questo perché con le ‘low-carb’ e le chetogeniche gli effetti a medio e lungo termine sul compenso glicemico risultano peggiori rispetto alle diete bilanciate, di tipo ‘mediterraneo’.

Un’altra novità delle linee guida riguarda l’ attività fisica . Restando ferme le indicazioni sull’importanza dell’attività fisica ‘mista’ (aerobica e anaerobica), che va preferita a quella o solo aerobica o solo anaerobica, scompaiono le ‘soglie’ di attività fisica. Non viene più indicata insomma una soglia minima di attività fisica, che viene sostituita dall’indicazione: ‘fare più attività fisica possibile’.

Rispetto alle edizioni precedenti delle linee guida italiane (gli Standard di Cura del Diabete Mellito), queste nuove linee guida presentano tante novità, anche nel formato , non più ‘omnicomprensivo’, ma focalizzato su un argomento specifico, in questo caso la terapia del diabete di tipo 2. Molto più sintetiche rispetto agli ‘Standard di Cura’, le nuove raccomandazioni sulla terapia del diabete di tipo 2 sono soltanto 18 (contro le 75 sullo stesso argomento contenute negli standard di cura del 2018).

“ Per la prima volta – spiega il professor Consoli – per elaborare le nuove linee guida, gli esperti delle due società scientifiche SID e AMD si sono avvalsi del metodo GRADE , una procedura complessa che mira a ridurre al minimo l’influenza di opinioni personali, ragionamenti deduttivi e preferenze individuali, portando gli estensori della linea guida ad attenersi alle evidenze derivanti da studi clinici di buona qualità (preferibilmente trial randomizzati). Questo metodo, così complesso, consente di ottenere raccomandazioni molto più oggettive, e quindi metodologicamente solide, rispetto alla gran parte delle linee guida esistenti a livello internazionale. E del resto, le implicazioni medico-legali che le linee guida ormai hanno nel nostro sistema, richiedono un particolare rigore nella loro formulazione”.

Dietro ogni raccomandazione, dunque, c’è un grande lavoro di revisione sistematica della letteratura, valutazione critica di evidenze e sintesi statistiche, che viene riportato integralmente, di seguito alla lista delle

raccomandazioni, nel sito del Sistema Nazionale delle Linee Guida. Una volta determinati i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna opzione terapeutica, si aggiungono considerazioni economiche (effetti sui costi sanitari diretti, costo-efficacia, costo-utilità, eccetera), verifiche di impatto organizzativo e di fattibilità, arrivando infine, attraverso appositi algoritmi, alla formulazione della raccomandazione. “Ci auguriamo – conclude il professor Consoli – che queste raccomandazioni possano essere un valido ausilio nella pratica professionale quotidiana dei diabetologi italiani”.

Ufficio stampa Sid

Diabete. Nel 70% dei pazienti c’è un rischio molto alto di sviluppare un evento cardiovascolare.

Il dato nella nuova Monografia degli Annali dell’Associazione medici diabetologi che analizza la stratificazione della prevalenza del rischio cardio-vascolare nelle persone con diabete. Il presidente Di Bartolo: “superare l’inerzia terapeutica per intervenire efficacemente sulle fasce a rischio per una migliore gestione della patologia”.

Delle oltre 490 mila persone con diabete monitorate ogni anno nei Centri di diabetologia italiani, il 65% dei soggetti con diabete tipo 1 e più del 78% dei soggetti con diabete tipo 2 sono a rischio molto alto di sviluppare un evento cardio-vascolare. La causa è da ricercarsi in un sottoutilizzo dei farmaci antidiabetici con azione specifica nella prevenzione del rischio cardiovascolare, il cui impiego è raccomandato dalle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC).
 
Il dato è emerso dalla recente Monografia Annali dell’Associazione medici diabetologi (Amd) “Profili assistenziali nei soggetti con DM1 e DM2 in relazione al rischio cardiovascolare”. L’analisi ha evidenziato come solo il 10% dei soggetti con diabete di tipo 2 risulta in trattamento con gli inibitori SGLT2 e solo il 6% con i GLP1-RA. Di contro, il 70% dei pazienti è in trattamento con la metformina, oltre il 20% con un inibitore del DPP-IV e circa il 16% con le sulfaniluree, mostrando una certa resistenza rispetto all’utilizzo delle terapie innovative raccomandate come prima scelta di trattamento per i soggetti esposti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato.
La Monografia ha preso in esame le persone con diabete monitorate ogni anno nei 258 Centri di diabetologia italiani aderenti al database Annali Amd e ha valutato l’assistenza fornita sulla base dei livelli di intensità e appropriatezza farmacologica per il diabete e per i fattori di rischio cardiovascolare e della qualità di cura. L’analisi tiene conto delle Linee Guida ESC-EASD (European Association for the Study of Diabetes), che identificano tre fasce di rischio cardiovascolare – molto elevato, elevato e moderato – sulla base di specifiche caratteristiche, quali malattia aterosclerotica accertata, danno d’organo e fattori di rischio multipli.

“La fotografia scattata dall’analisi Amd evidenzia una non completa traduzione nella pratica clinica di ciò che dimostrano i risultati dei trial di sicurezza cardiovascolare. Solo una esigua percentuale delle persone con diabete a rischio molto elevato di danno cardiovascolare risulta in trattamento con un SGLT2-i (10%) e con un GLP1-RA (6%), classi di farmaci che hanno mostrato i maggiori benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare” commenta Basilio Pintaudi, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Amd Real World Evidence. “Sulla base del “Q Score” in grado di predire l’incidenza successiva di eventi cardiovascolari, l’analisi ha poi valutato la qualità di cura complessiva ed è emerso che ad una qualità di cura più bassa corrisponde un maggiore rischio cardiovascolare – conclude Pintaudi.

“Da oltre 10 anni l’iniziativa Annali Amd fornisce un quadro sui profili assistenziali delle persone con diabete di tipo 1 e 2 e sull’evoluzione della qualità dell’assistenza. Le previsioni ci dicono che le persone con diabete tenderanno ad aumentare e, complice il progressivo invecchiamento della popolazione, aumenterà il numero di pazienti a rischio cardiovascolare più elevato – dice Paolo Di Bartolo, Presidente Amd. “Si tratta di una sfida alla quale il nostro Ssn deve essere in grado di rispondere attraverso soluzioni strategiche costo-efficaci. È auspicabile – conclude – che la diabetologia italiana sia disposta a vincere l’inerzia terapeutica così da mettere in atto una pratica clinica più conforme a quanto le evidenze scientifiche dimostrano in modo non più equivocabile: le nuove terapie sono in grado di cambiare la storia del diabete, aiutando a tenere sotto controllo la malattia e scongiurare gravi complicanze”.

Fonte Quotidiano sanità