NASCE “LA VERITÁ SUL PESO”: UN NUOVO SPAZIO VIRTUALE DOVE INFORMARSI CORRETTAMENTE PER LA GESTIONE DEL PESO.

La verità sul peso” è il nuovo spazio virtuale di Novo Nordisk che, attraverso articoli e strumenti, fornisce informazioni accreditate, ma allo stesso tempo di facile comprensione, rispetto alle cause del sovrappeso e dell’obesità, ai possibili trattamenti e ai comportamenti da assumere.

Secondo lo studio internazionale ACTION-IO, in Italia il 62 per cento delle persone con obesità cerca di perdere peso con il fai da te, solo l’8 per cento si rivolge al medico e quando decide di farlo impiega mediamente sei anni prima di contattarlo.

“La verità sul peso” accompagna le persone in sovrappeso e con obesità nel primo e importante passo verso il trattamento, mettendo a disposizione degli utenti un collegamento al sistema di geolocalizzazione di IO-Net, l’Italian Obesity Network per individuare i centri specialistici a loro più vicini.

Obesità e sovrappeso riguardano 25 milioni di italiani, il 46,1 per cento della popolazione adulta.

Per perdere peso basta mangiare poco e fare movimento”, “Se non dimagrisco è solo colpa mia”, “Non sono malato, devo solo impegnarmi di più”, “Qualche chiletto in più non fa male!”. Questi sono alcuni dei luoghi comuni che gravitano intorno a sovrappeso e obesità e per i quali, secondo la maggior parte delle persone, è sufficiente solo introdurre modifiche alla dieta e aumentare l’attività fisica per risolvere il problema.

Alla base di chi ha provato a perdere peso senza risultati, c’è spesso un approccio errato al problema, che vede il paziente cambiare continuamente strada, affidandosi di volta in volta a fonti non qualificate o a “sentito dire”.  Secondo lo studio internazionale ACTION-IO (Awareness, Care, and Treatment In Obesity MaNagement – an International Observation) in Italia il 62 per cento delle persone con obesità cerca di perdere peso con il fai da te, il 9 per cento si affida a prodotti commerciali, il 6 per cento utilizza strumenti digitali e solo l’8 per cento si rivolge al medico e quando decide di farlo impiega mediamente sei anni prima di contattarlo.

Perdere peso e tenerlo sotto controllo spesso viene visto come una semplice questione di stile di vita e controllo dell’alimentazione. La scienza ha dimostrato che l’aumento di peso ha molte cause, alcune delle quali vanno oltre la consapevolezza o il controllo della persona che ne soffre e molti sono i fattori che ostacolano la perdita di peso. «Se è vero che un intervento sugli stili di vita è molto importante nel processo di trattamento del sovrappeso e dell’obesità, è anche vero che può risultare insufficiente o del tutto inefficace. Questo perché sovrappeso e obesità sono complessi, soprattutto l’obesità è una malattia che dipende da diversi fattori, genetici, ormonali e psicologici, e comporta, per il trattamento, il coinvolgimento di molteplici figure sanitarie. È di fondamentale importanza sfidare la percezione errata che l’eccesso di peso sia sotto il controllo dell’individuo e che le persone affette possano gestirla autonomamente, senza l’aiuto del medico. Serve la consapevolezza che non esiste un approccio valido per tutti, perché la terapia deve essere elaborata sulla base della condizione fisica, della storia e degli obiettivi di dimagrimento della persona. In molti casi un intervento sugli stili di vita è sufficiente, ma spesso è necessario optare per un supporto farmacologico o in rari casi, ricorrere alla chirurgia», spiega Andrea Lenzi, Professore ordinario di Endocrinologia presso l’Università La Sapienza di Roma.

Sovrappeso e obesità riguardano 25 milioni di italiani, il 46,1 per cento della popolazione adulta, secondo l’analisi annuale realizzata da ISTAT per l’Italian Obesity Barometer Report. Dal rapporto emerge come le donne mostrano un tasso di obesità inferiore (9,4 per cento) rispetto agli uomini (11,8 per cento) e quanto il fenomeno dell’eccesso di peso sia un problema diffuso soprattutto al Sud e nelle Isole. 

Sussiste, pertanto, una domanda pressante di informazioni su come perdere peso soprattutto sul web, ormai principale strumento di conoscenza per ognuno di noi.  Per questo nasce lo spazio virtuale “La verità sul peso” (www.laveritasulpeso.it) di Novo Nordisk per fornire informazioni scientificamente corrette, complete e di facile comprensione sull’argomento, nella convinzione che ogni persona, per perdere peso, debba fare un percorso di consapevolezza, in modo serio e approfondito. Contiene news, articoli di approfondimento, suggerimenti e consigli, rispetto alle cause del sovrappeso e dell’obesità, ai possibili trattamenti e ai comportamenti da assumere, destinati a chi sta affrontando un percorso di dimagrimento perché in sovrappeso od obeso, a chi ancora non ci ha pensato e anche alle persone che vivono al fianco di una persona fortemente in sovrappeso o obesa.

È articolato in 3 macro-sezioni: “scienza”, che ospita notizie sugli ultimi progressi scientifici sull’obesità e le sue cause, per fare chiarezza su come il peso, l’appetito e l’assunzione di cibo siano regolati all’interno e all’esterno del corpo, oltre che per sfatare molti miti comuni sul peso; “persone”, destinato a raccontare le storie di chi realmente sta affrontando o ha già affrontato sovrappeso e obesità, imparando dalle loro esperienze come affrontare la vita di tutti i giorni; “supporto e strumenti”, con informazioni sulle possibilità di cura scientificamente dimostrate, suggerimenti su come affrontare il tema con il proprio medico e altri strumenti pratici come il calcolatore dell’Indice di Massa Corporea (IMC). Tutti i contenuti del portale sono realizzati grazie a medici specializzati nel trattamento del sovrappeso e obesità.

Fanno parte del board scientifico di “La verità sul peso”: Giovanna Muscogiuri, medico chirurgo specializzato in endocrinologia e malattie del metabolismo, Letizia Petroni, medico chirurgo specialista in medicina interna, Michele Sculati, medico specialista in scienza dell’alimentazione e Mikiko Watanabe, medico specialista in endocrinologia.

«Sovrappeso e obesità necessitano di cure e attenzioni adeguate, per cui è fondamentale che le persone si affidino a professionisti. Per questo motivo, IO-Net, l’Italian Obesity Network, la rete nazionale il cui obiettivo è quello di coordinare iniziative di comunicazione e aggiornamento scientifico nel settore della nutrizione e delle malattie correlate, a beneficio tanto dei medici quanto delle persone con problemi di sovrappeso e obesità, ha messo a disposizione de “La verità sul Peso” il proprio sistema di geolocalizzazione che permette di visualizzare i contatti  dei centri specialistici più vicini, a cui le persone possano rivolgersi per intraprendere un vero percorso di trattamento», conclude Giuseppe Fatati, presidente IO-Net.

Ufficio stampa HealthCom Consulting

Diabete: le città italiane in prima linea nella lotta contro la malattia

Milano, Roma, Bari, Bologna, Genova, Torino hanno firmato l’Urban Diabetes Declaration, impegnandosi a rispettare cinque principi guida per rispondere al dilagare della malattia nei contesti urbani, in linea con gli obiettivi del progetto internazionale Cities Changing Diabetes.

L’annuncio in occasione della XXXVII assemblea nazionale Anci, l’associazione dei comuni italiani, che con la propria adesione al documento sottolinea l’impegno del nostro Paese verso questo problema di salute globale.

 I sindaci di Milano, Roma, Bari, Bologna, Genova e Torino hanno firmato l’Urban Diabetes Declaration, un impegno ad accelerare l’azione di prevenzione del diabete tipo 2 e delle sue complicanze nelle loro città, in linea con gli obiettivi del progetto internazionale Cities Changing Diabetes, ponendo così l’Italia in prima linea nella lotta al diabete urbano. L’annuncio è stato dato in occasione della tavola rotonda sul tema, organizzata in occasione della XXXVII assemblea nazionale Anci-Associazione nazionale comuni italiani, a cui hanno garantito la loro presenza numerosi rappresentanti delle amministrazioni delle città italiane.

“Oggi, il 65 per cento delle persone con diabete vive nelle aree urbane e questa percentuale supererà il 70 per cento nel 2040. Se da un lato le città sono motore di crescita economica e innovazione, dall’altra sono alla base di disuguaglianze di salute, influenzando il modo in cui le persone vivono, mangiano, si muovono, tutti fattori che hanno un impatto sul rischio di sviluppare il diabete”, ha spiegato Andrea Lenzi Presidente dell’Health City Institute e del Comitato di biosicurezza, biotecnologie e scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei ministri.

“Il diabete urbano, con la sua avanzata può diventare causa, se già non lo sia, di pressioni insostenibili a livello umano ed economico non solo sui singoli individui, ma sull’intera comunità e sui sistemi sanitari”, ha aggiunto Agostino Consoli, Presidente eletto della SID-Società italiana di diabetologia. “È fondamentale che non sia solo il mondo della sanità, ma l’intera società civile e soprattutto chi amministra le nostre città a rendersene conto e ad agire prontamente”, gli ha fatto eco Paolo Di Bartolo, Presidente AMD-Associazione medici diabetologi.

L’impegno del nostro Paese nella lotta al diabete urbano è sostanziato dalla sottoscrizione del documento da parte del Vicepresidente Vicario di Anci, Roberto Pella, a nome degli 8.000 comuni d’Italia, e dei sindaci di alcune delle principali metropoli italiane, Antonio Decaro per Bari, Virginio Merola per Bologna, Marco Bucci per Genova, Chiara Appendino per Torino e soprattutto Giuseppe Sala per Milano e Virginia Raggi per Roma, città queste ultime che da diversi anni hanno aderito al progetto internazionale Cities Changing Diabetes, realizzato in partnership tra University College London (UCL) e il danese Steno Diabetes Center con il contributo non condizionato di Novo Nordisk. L’iniziativa coinvolge istituzioni nazionali, amministrazioni locali, mondo accademico e terzo settore per valutare l’impatto dell’urbanizzazione sulle malattie croniche non trasmissibili, come diabete e obesità, e promuovere iniziative per salvaguardare la salute dei cittadini e prevenire queste malattie. Il progetto in Italia è coordinato dall’Health City Institute in collaborazione con il Ministero della Salute, l’ANCI, l’ISTAT, il network C14+, la Fondazione CENSIS e CORESEARCH.

Le città che sottoscrivono l’Urban Diabetes Declaration, oltre alle italiane, le ventisette metropoli del network “Cities Changing Diabetes”, si impegnano a rispettare cinque principi guida per rispondere alla sfida del diabete urbano: investire nella promozione della salute e del benessere a lungo termine, agire sui determinanti sociali e culturali che sono le cause profonde che determinano le opportunità di una vita sana per i cittadini, integrare la salute in tutte le politiche, coinvolgere attivamente le comunità e creare soluzioni di partenariato con altri settori in modo trasversale.

“Occorre identificare strategie efficaci per rendere consapevoli governi, regioni, città e cittadini dell’importanza della promozione della salute nei contesti urbani, guardando alla sempre maggiore urbanizzazione con uno sguardo innovativo, affrontando il carico di onerosità che le malattie croniche comportano, immaginando un nuovo modello di welfare urbano che necessariamente inciderà sullo sviluppo e sulla sostenibilità delle città. I Sindaci italiani sono oggi primi motori di tale cambiamento e si candidano dunque a coordinare gli sforzi e le azioni tese a questo obiettivo a tutti i livelli”, ha commentato Roberto Pella, Vice Presidente Vicario ANCI e co-Presidente dell’Intergruppo Parlamentare sulla qualità della vita nelle città.

“L’adesione delle città italiane per mezzo di Anci ai principi del programma Cities Changing Diabetes è per Novo Nordisk un incentivo a continuare a sostenere lo sforzo comune per migliorare la vita delle persone con diabete attraverso la promozione della cultura della prevenzione, l’educazione, la difesa e il supporto ai pazienti, il miglioramento dell’accesso alle cure e della gestione clinica della malattia”, ha detto Drago Vuina, General Manager & Corporate Vice President Novo Nordisk Italia.

“Questo impegno – ha chiosato Federico Serra, Direttore Cities Changing Diabetes Italia – è più attuale che mai, tanto è vero che abbiamo deciso che l’Italia promuoverà anche le candidature di Bari, Bologna, Torino e Genova, al programma Cities Changing Diabetes; il che significa che il nostro Paese vuole essere leader a livello mondiale, insieme alla Cina, nell’analisi e nel contrasto al fenomeno del diabete urbano.”

Hill+Knowlton StrategiesDiego Freri

La Lega Calcio Serie A scende in campo a fianco di SID e AMD per la Giornata Mondiale del Diabete
Obiettivo: vincere il campionato contro il diabete.

Lo sport, da sempre ‘amico’ delle persone con diabete,quest’anno lo è ancora di più. In occasione della Giornata Mondiale del Diabete 2020, che si celebra il 14 novembre, la Lega Calcio di Serie A ha infatti deciso di scendere in campo contro il diabete, a fianco della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dell’Associazione Medici Diabetologi(AMD), ospitando sulla landing page della Lega Calcio Serie A (www.legaseriea.it) un visual (una mascherina) per ricordare a tutti l’importanza di proteggersi contro il COVID-19 per vincere la partita contro il virus e di adottare uno stile di vita corretto, fatto di sana alimentazione e di tanta attività fisica, per vincere il campionato contro il diabete.

Al visual saranno linkati due decaloghi, uno su‘Diabete e COVID-19’ e l’altro ‘Prevenire il diabete’,stilati dalle società scientifiche di diabetologia SID e AMD. “Curare bene il diabete è possibile, e per fare questo è indispensabile interrompere la sedentarietà e fare attività fisica – dice il professor Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia SID – Un corretto stile di vita, aiuta a mantenere un buon controllo metabolico e riduce il rischio di contrarre l’infezione da COVID-19”. “Diabete ben controllato significa maggiori probabilità che l’infezione da COVID-19 abbia un decorso meno problematico – aggiunge il professor Agostino Consoli, presidente eletto della SID –Lo scompenso glicemico aumenta invece purtroppo la possibilità che l’infezione da COVID-19 abbia esiti drammatici. Se è presente il diabete, doppie precauzioni ed attenzione massima a mantenere un buon controllo glicemico”.

Secondo Paolo Di Bartolo, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi AMD “non dobbiamo spaventarci! Possiamo proteggerci non solo con l’uso costante della mascherina, mantenendo il distanziamento sociale, igienizziamo le mani ma anche e soprattutto facendo ogni sforzo per mantenere le glicemie ben controllate. Così vinceremo il nostro campionato!!”. “Sedentarietà e cattiva alimentazione sono i principali nemici del diabete – precisa Graziano Di Cianni, vicepresidente AMD – Anche se l’emergenza Covid ci impone di stare più tempo a casa, limitandoci negli spostamenti, non dimentichiamo l’importanza della prevenzione: mantenere un certo grado di attività fisica, stare attenti all’alimentazione ed evitare i maggiori fattori di rischio (abuso di alcol, fumo,…) aiuta tutti a stare meglio, sempre!”

Secondo la Lega Calcio si stima che gli italiani con diabete siano circa 4 milioni, mentre un altro milione di persone è affetto da questa condizione ma non lo ha ancora scoperto. Fondamentale per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 2, che è la forma più frequente, l’adozione di corretti stili di vita soprattutto sul versante della dieta e dell’attività fisica, che va svolta in maniera costante. L’endorsement del top del mondo del calcio è dunque particolarmente prezioso per aiutare a veicolare questi messaggi di salute.

Si stima che gli italiani con diabete siano circa 4 milioni, mentre un altro milione di persone è affetto da questa condizione ma non lo ha ancora scoperto. Fondamentale per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 2, che è la forma più frequente, l’adozione di corretti stili di vita soprattutto sul versante della dieta e dell’attività fisica, che va svolta in maniera costante. L’endorsement del top del mondo del calcio è dunque particolarmente prezioso per aiutare a veicolare questi messaggi di salute.


LEGA SERIE A è da sempre vicina ad ogni iniziativa che contribuisca a ricordare come lo sport, uno stile di vita e di alimentazione sana aiutino a prevenire le malattie – specie quelle croniche – e restare in salute. Ancora di più in momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo a causa del COVID-19 l’impegno della Lega Serie A è e sarà sempre al fianco di medici, infermieri e di quanti lavorano per la nostra salute. Indossiamo SEMPRE la mascherina e seguiamo SEMPRE la regola di mangiare sano e fare sport.

DECALOGO ‘COVID-19 E DIABETE’

I consigli della Società Italiana di Diabetologia e dall’Associazione Medici Diabetologi

Le persone che convivono con il diabete sanno bene quanto sia importante fare ancora più attenzione alla gestione della propria patologia se a questa se ne aggiunge un’altra di qualsiasi natura. Anche il COVID-19. In questo periodo di emergenza nazionale invitiamo i pazienti a mantenere la calma e a comportarsi come farebbero se, oltre al diabete, dovessero gestire una qualsiasi altra patologia o situazione particolarmente stressante. Queste le poche semplici regole, peraltro sempre valide durante la stagione influenzale, alle quali attenersi:

1. Mantieni un giusto livello di idratazione

2. Monitora con ancora maggior attenzione la glicemiae, in caso di terapia insulinica, anche i chetoni .

3.Misura regolarmente la temperatura.

4.Segui in maniera scrupolosa le indicazioni ricevute dal tuo medico diabetologo.

5..Non allarmarti oltre misura: i rischi di contrarre l’infezione da nuovo coronavirus per una persona con diabete non sono maggiori che per il resto della popolazione

6. Mantieni un buon controllo della glicemia perché, in caso di COVID-19, i rischi di complicanze e di esiti sfavorevoli sono maggiori nelle persone con diabete scompensato.

7.Indossa sempre la mascherina (tranne che a casa, in presenza dei familiari)

8. Lava o disinfetta spesso le mani.

9.. Mantieni le distanze con le altre persone

10.Arieggia spesso la casa o la stanza in ufficio.

Ufficio stampa Amd

Ufficio stampa Sid

Giornata Mondiale del Diabete 2020
Comunicato stampa congiunto SID, AMD, SIE, DIABETE ITALIA, FAND, OSDI, ANIED

Nella gestione del diabete gli infermieri fanno la differenza. Fondamentale dunque fare formazione e trovare i fondi per supportare questi professionisti sanitari, indispensabili all’interno del team diabetologico. E’ questo il tema e la call to action scelti dall’International Diabetes Federation per la campagna della Giornata Mondiale del Diabete 2020, focalizzata appunto sul ruolo dell’infermiere nella prevenzione e nel trattamento del diabete. Un ruolo che si ammanta e si arricchisce di nuovi significati in un periodo profondamente segnato dalla pandemia di COVID-19 e dalla conseguente necessità di mettere in campo piattaforme e strumenti di teleconsulto per continuare a seguire in sicurezza i pazienti, anche a distanza. L’obiettivo finale è quello di migliorare l’assistenza di questa condizione che continua a provocare un decesso ogni 8 secondi, e con la quale convive una persona su 10 nel mondo.

La pandemia ha sdoganato il ‘tele-diabete’ 

“L’attuale pandemia di COVID-19 – commenta il professor Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) – ha reso ancora più urgente e pressante il ricorso al teleconsulto per garantire in maniera sempre più diffusa l’accesso alle cure, in condizioni di massima sicurezza per pazienti e operatori sanitari”. E un recentissimo documento siglato da SID, AMD e SIE ha fatto il punto della situazione. Televisita e Telesalute rappresentano in quest’ottica un’opzione concreta e fattibile per il controllo a domicilio di tutte le patologie croniche che richiedano trattamenti di lungo periodo, come appunto il diabete, con alcune eccezioni (prime visite, riacutizzazioni di patologie croniche, alterazione dei parametri vitali, tali da imporre il ricovero immediato). L’attivazione dei servizi di televisita/telesalute, in particolare in questo periodo, garantisce la continuità delle cure e dell’assistenza in sicurezza. Durante il lockdown di primavera, SID, AMD e SIE (Società Italiana di Endocrinologia) hanno effettuato dei corsi di formazione sul diabete su Facebook, che hanno raggiunto una platea di 220 mila persone. L’impiego delle cartelle cliniche elettroniche ha permesso di avere accesso alla storia del singolo paziente e di erogare prestazioni puntuali anche da remoto. Infine, i sistemi Cloud che gestiscono CGM, FGM e micropompe hanno consentito ai diabetologi di modificare le terapie diabetologiche in base alle glicemie (documento consultabile su:

https://www.siditalia.it/clinica/linee-guida-societari;

https://aemmedi.it/tavolo-telemedicina-amd-sid-sie/

http://www.societaitalianadiendocrinologia.it/html/news/piattaforme-telemedicina.asp)

“Ma tutto questo – prosegue Purrello – è avvenuto in corsa, nel bel mezzo di una pandemia. E questo ha fatto emergere sia carenze dei sistemi di telemedicina in grado di risolvere le richieste dei diabetologi, che una serie di carenze conoscitive dei professionisti, in merito agli strumenti telematici disponibili sul mercato e potenzialmente utilizzabili”. Per questo le tre società scientifiche hanno fatto una ricognizione approfondita di tutti i sistemi di telemedicina disponibili sul mercato per valutare le funzionalità e applicazioni cliniche dei sistemi disponibili, individuando tre tipologie principali nelle quali possono essere ricompresi i sistemi disponibili: sistemi di trasmissione dei valori glicemici a distanza; sistemi integrati con Telehealth center automatici e con personale sanitari; sistemi di trasmissione di dati clinici ed amministrativi da e verso la persona con diabete.

“Le tante iniziative congiunte intraprese da AMD, SID e SIE, sin dal periodo del lockdown di marzo e aprile, testimoniano il nostro impegno affinché sia ampliato il ricorso a strategie che garantiscano la continuità assistenziale, proprio quando seguire e assistere si fa più complesso – dichiara Paolo Di Bartolo, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) – Alla luce dell’importanza crescente di queste strategie, telemedicina e teleassistenza in primis, assume ulteriore centralità il ruolo degli infermieri. In un periodo così travagliato, il primo compito del team diabetologico è quello di stare vicino alle persone con diabete: assisterle quando è impossibile vedersi, seguirle quando è arduo effettuare una visita. E proprio da questo punto di vista gli infermieri offrono un supporto essenziale e insostituibile, perché rappresentano l’avamposto di prossimità del team diabetologico rispetto ai bisogni dei pazienti, e con questa loro vicinanza riescono spesso a decifrare e risolvere, in modo estremamente pratico, le difficoltà, i problemi e i dubbi che le persone con diabete incontrano ogni giorno. Mentre vede la luce la figura dell’infermiere di comunità, auspico che il diabete assuma ancora una volta funzione paradigmatica: non solo modello di cronicità, come da tanto tempo siamo abituati a pensare, ma anche laboratorio della capacità dei nostri infermieri di farsi prossimi e risolutivi rispetto alla quotidianità della domanda di salute dei pazienti”.

“La recente emergenza causata dal COVID-19 più che una pandemia è una vera e propria sindemia – commenta il professor Agostino Consoli, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia – perché per molti pazienti al dramma del COVID-19 si aggiunge quello di una patologia cronica preesistente, e le due condizioni si potenziano a vicenda. Se finora tutta l’attenzione si è focalizzata sull’interruzione della catena di contagio per contenere la pandemia, anche alla luce dei mesi che abbiamo davanti dobbiamo sforzarci per garantire alle persone con diabete e, in generale a tutte quelle con una patologia cronica, un’assistenza rigorosa ed efficace. E la telemedicina, utilizzata in corsa nella prima ondata della pandemia, sicuramente sopravviverà a questi mesi e ci consentirà di ridisegnare l’assistenza per i pazienti cronici, già in crisi prima del COVID-19”. “L’impiego della telemedicina nella assistenza alla persona con diabete – aggiunge il professor Francesco Giorgino, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia – dovrà da ora in poi far parte dello standard di cura del diabete attraverso strumenti digitali sempre più versatili e affidabili, anche per garantire la protezione dei dati personali. È anche auspicabile che medici e gli infermieri impegnati nella cura delle persone con diabete acquisiscano sempre più familiarità con la telemedicina, così da venire incontro alle esigenze anche di specifiche categorie di pazienti, come le donne affette da diabete in gravidanza e coloro che fanno uso di dispositivi avanzati (microinfusori di insulina, sensori della glicemia e sistemi integrati)”.

“L’infermiere è da sempre una figura centrale nella gestione delle persone con diabete, ma bisogna pure ammettere che non sempre questa centralità è stata riconosciuta e rammentata – dice Graziano Di Cianni, Vice Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) – L’emergenza Covid19 si è fatta carico di ammonirci in modo inequivocabile, e oggi l’infermiere merita di essere celebrato, in occasione della Giornata Mondiale, anche per i compiti che sta svolgendo a pandemia in corso. Tutte le strategie di assistenza da remoto hanno sancito la crescita della quantità e della qualità delle mansioni affidate agli infermieri, e questa evoluzione professionale non può essere considerata una parentesi – aperta e chiusa dalla pandemia – ma la tappa di un percorso. Percorso del quale devono prendere coscienza anche le persone con diabete, che avranno sempre di più, nell’infermiere, una figura di riferimento per la gestione quotidiana della malattia”.

Infermieri contro il diabete

Il ruolo degli infermieri è fondamentale nel fare diagnosi precoce di diabete, soprattutto nel bambino, nel fare training e fornire supporto psicologico al paziente, nell’individuare i fattori di rischio che consentono di prevenire il diabete di tipo 2. Governi e università devono investire di più in formazione e training degli infermieri specializzati in diabet, ed un primo e fondamentale passo in questa direzione è certamente la valorizzazione dell’expertise oggi presente. “Uno degli ambiti in cui l’Infermiere fa davvero la differenza per il paziente – ricorda la dottoressa Carolina Larocca, presidente nazionale OSDI (Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani) – è quello diabetologico dove il processo educazionale rappresenta il punto focale nella gestione della malattia. Grazie all’educazione terapeutica, l’Infermiere trasferisce alla persona con diabete/caregiver le competenze e abilità utili a comprendere e monitorare la malattia, gestire le complicanze acute e prevenire/rallentare lo sviluppo delle complicanze croniche e quindi insegna la corretta modalità di rilevazione del dato glicemico, la corretta modalità di esecuzione della terapia iniettiva, il riconoscimento della sintomatologia della ipoglicemia e la sua gestione, la cura del piede per la prevenzione delle lesioni, le modalità per un corretto stile di vita, l’utilizzo di nuove terapie e di nuove tecnologie e modalità per rapportarsi con innovazioni organizzative (televisita, teleconsulto).Un efficace intervento educazionale non si improvvisa: richiede tempo, energie, risorse, conoscenze, competenze e sviluppo di abilità relazionali ed educazionali specifiche, pensiamo ad esempio alla peculiarità dell’ambito diabetologico della gravidanza e a quello pediatrico dove l’infermiere deve ‘educare’ l’intero nucleo familiare”.

“Il ruolo dell’infermiere nella gestione della persona con diabete è quello di un professionista che ha un posto di rilievo nel team di cura, in quanto è l’operatore che accoglie il paziente, lo ascolta facendogli superare dubbi e perplessità, aiutandolo ad accettare la propria patologia cronica rendendolo più aderente al piano terapeutico – dice Tommaso Novo, Presidente dell’Associazione Nazionale Infermieri Endocrinologia e Diabetologia (ANIED) –Per poter essere all’altezza di svolgere questo ruolo – continua – il professionista deve essere ovviamente ben formato. Con l’arrivo della pandemia, l’infermiere – e con lui tutto il team diabetologico –si è dovuto attrezzare per essere in grado di assistere a distanza i pazienti tramite telefono, e-mail e qualsiasi altro strumento disponibile. Questo sistema di visite a distanza può rischiare di spersonalizzare il rapporto creatosi tra infermiere e paziente, e per questo è cruciale investire tempo e risorse nella formazione ed educazione del personale al fine di trasferire competenze specifiche, di ordine tecnico ma anche relazionale”.

Le persone con diabete, soprattutto all’indomani della diagnosi di questa articolata e ingombrante malattia, hanno bisogno di essere supportate e l’infermiere del team diabetologico gioca un ruolo fondamentale da questo punto di vista. “Per questo – afferma il professor Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID), un infermiere del team non può essere considerato un’unità da spostare liberamente da una divisione all’altra all’interno di un ospedale o di un distretto perché il suo ruolo è perfettamente integrato con quello del team diabetologico, fondamentale per il suo corretto funzionamento e per poter offrire al paziente tutte le risposte di cui ha bisogno”. Insomma, un infermiere che ha sviluppato delle expertise particolari nel campo del diabete può realmente fare la differenza per il paziente.

COVID-19 e persone con diabete 

“Quest’anno il tema oggetto della celebrazione delle Giornata Mondiale del Diabete è un tema che ci sta molto a cuore. La centralità della figura dell’infermiere all’interno del team diabetologico è un elemento assodato, ma quest’anno, alla luce della pandemia che ci ha travolti, assume una valenza ancor più significativa. L’infermiere rappresenta per il soggetto diabetico una figura di riferimento e indubbiamente gioca un ruolo nevralgico anche in termini di aderenza alla terapia- spiega Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia– L’emergenza Coronavirus ha stravolto le modalità di gestione della patologia diabetica, in termini di contatti con i pazienti. Per questo ora è fondamentale intervenire preventivamente così da scongiurare che si ripeta quello che è accaduto a marzo. L’obiettivo è di integrare quanto più possibile le figure professionali all’interno del team, per una gestione multidisciplinare del paziente e di promuovere il ricorso ai teleconsulti e alle televisite, per tenere sempre ben saldo il contatto con il paziente. Ricordiamo che c’è ancora oltre 1 milione di persone con diabete che non sa di averlo, per cui il monito è sempre quello di fare prevenzione. Anche a pandemia in corso”.

“Non è un caso che la Giornata Mondiale del Diabete di quest’anno sia stata dedicata al personale infermieristico, una parte integrante del personale sanitario che lavora spesso nell’ombra ma che da sempre sostiene e consente il corretto funzionamento dei centri di diabetologia – commenta Emilio A. Benini, presidente dell’Associazione Italiana Diabetici FAND – Il loro supporto nella gestione quotidiana dei centri di diabetologia è fondamentale: per comprendere l’importanza del loro lavoro e del loro prezioso contributo dovremmo provare ad immaginare cosa accadrebbe se non fossero parte integrante del team: i centri di diabetologia non esisterebbero. La pandemia Covid-19 – prosegue – ha impattato significativamente anche sulle loro attività, aggiungendone altre mansioni al loro già elevato carico di lavoro abituale: riprogrammare gli appuntamenti dove è possibile, gestire le scadenze – come la patente -, contattare le persone con diabete per fissare appuntamenti per il teleconsulto e tanto altro”.

La lettera ad AIFA per chiedere la proroga e l’abolizione dei piani terapeutici relativi ai farmaci anti-diabete

Vista la preoccupante emergenza sanitaria in corso, in occasione della Giornata mondiale le principali associazioni scientifiche e professionali della Diabetologia hanno anche indirizzato una lettera ufficiale alle Istituzioni italiane, chiedendo che siano definitivamente aboliti i Piani Terapeutici per la prescrizione in regime di rimborsabilità dei farmaci contro il diabete, e che sia estesa ai medici di Medicina generale la facoltà di prescrivere anche i farmaci anti-diabetici di ultima generazione.

Ufficio stampa AMD Ufficio stampa SID

Diabete e Covid-19: l’assistenza sanitaria più adeguata, diritto della persona con diabete

La Giornata mondiale del diabete è stata creata in risposta alle crescenti preoccupazioni per la minaccia per la salute rappresentata dal diabete

Per l’occasione, l’Intergruppo parlamentare “Obesità e diabete” promuove la conferenza Istituzionale “Diabete e covid-19: assicurare l’assistenza alla persona con diabete”, presso la Camera dei deputati

Roma, 10 novembre 2020 – Come ogni anno, il 14 novembre si celebra la Giornata mondiale del diabete, creata nel 1991 dall’IDF-International Diabetes Federation e dall’Organizzazione mondiale della sanità in risposta alle crescenti preoccupazioni per la minaccia per la salute rappresentata da questa malattia. Per l’occasione, l’Intergruppo parlamentare “Obesità e diabete” ha organizzato la conferenza Istituzionale “Diabete e Covid-19: assicurare l’assistenza alla persona con diabete”, svoltasi oggi presso la Camera dei deputati, coinvolgendo esponenti delle Istituzioni, delle società scientifiche e delle associazioni pazienti.

Se da un lato l’evento vuole celebrare la Giornata mondiale del diabete 2020, dall’altro vuole richiamare l’attenzione sullo  scopo primario dell’iniziativa ovvero sull’importanza di intraprendere azioni coordinate e concertate per affrontare il diabete come un problema critico di salute globale, che, in un momento come questo, non può prescindere dall’emergenza pandemica che stiamo affrontando, in Italia e nel mondo, e che sta compromettendo l’assistenza alle persone con malattie croniche e fragilità, come il diabete.

Come hanno ricordato in apertura dei lavori la Presidente della Commissione Affari sociali della Camera, on. Marialucia Lorefice, e la Presidente della Commissione Igiene e sanità del Senato, Sen. Annamaria Parente, l’assistenza per la persona con diabete è un diritto sancito anche da “Il Manifesto dei diritti e dei doveri della persona con diabete”, che tra i diritti ricomprende: “Garantire alle persone con diabete uniformità di accesso al sistema sanitario su tutto il territorio nazionale in modo da promuovere con equità la migliore qualità di cura e di vita, la prevenzione e il trattamento delle complicanze, ricorrendo quando possibile a PDTA specifici e soprattutto ricorrendo a specialisti con competenze specifiche”.

«Le persone con diabete necessitano di controllo periodico per la gestione della malattia e per l’adozione della terapia più appropriata. La riduzione delle visite specialistiche, delle attività ambulatoriali di routine, degli esami di controllo che si è verificata durante questi mesi di pandemia potrebbe essere causa di sospensioni più o meno prolungate delle terapie, con conseguenze negative sul controllo della malattia e sul rischio di insorgenza di complicazioni, rendendo così le persone con diabete maggiormente vulnerabili anche alle conseguenze indirette del Covid-19» ha sottolineato Agostino Consoli, Presidente eletto SID-Società italiana di diabetologia.

«Oggi è estremamente importante parlare di assicurare l’assistenza adeguata alle persone con diabete. Se alcuni pazienti possono ricevere un tipo di prestazione differente dalla visita presso gli ambulatori, quale ad esempio la televisita, è anche vero che questa modalità è difficile da attuare con tutti, per esempio con quelli anziani, che in Italia rappresentano circa il 50 per cento di tutte le persone affette da diabete. È quindi necessario implementare il triage della fragilità, ovvero identificare i pazienti per cui è necessaria la visita in presenza di diabetologia, e quelli che possono essere raggiunti da remoto per evitare sovraffollamenti negli ambulatori, razionalizzando quindi il percorso di accesso in base alle effettive necessità assistenziali» ha aggiunto Paolo Di Bartolo, Presidente AMD-Associazione medici diabetologi.

«In questo momento di ripensamento e revisione del Sistema Sanitario, il “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con diabete” può rappresentare un ottimo strumento da cui partire per verificare le aree di intervento. Per questo motivo, con l’obiettivo di adeguarlo al contesto attuale è stato deciso di aggiungere due articoli, uno sull’inerzia clinica ed uno sul problema che negli ultimi mesi ci ha travolto: l’emergenza sanitaria. Ancora una volta i due argomenti sono stati focalizzati sia dal punto di vista dei diritti della persona con diabete. ma anche della consapevolezza che il paziente deve assumere in relazione all’importanza del proprio impegno» ha dichiarato Stefano Nervo, Presidente Diabete Italia, organizzazione promotrice del documento già nel 2009 insieme al Comitato per i diritti della persona con diabete, a Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, con la collaborazione dalle associazioni di persone con diabete Agd Italia, Aid, Aniad, Ardi, Diabete Forum, Fand, Fdg, SOStegno70, dell’associazione degli operatori sanitari di diabetologia, Osdi, e di Cittadinanzattiva.

«Nonostante sia stato redatto oltre 10 anni fa con alcuni aggiornamenti legati all’attualità, il Manifesto dei diritti e doveri della persona con diabete è ancora oggi uno strumento di dialogo imprescindibile con le Istituzioni, per orientare le loro azioni e per stabilire delle priorità di un dialogo con le associazioni pazienti, quali portatori di questi diritti», ha spiegato la Sen. Emanuela Baio, coordinatrice del Comitato per i diritti della persona con diabete.

«Proprio per l’importanza che ricopre questo documento per le persone con diabete è mia intenzione, in qualità di co-Presidente dell’Intergruppo parlamentare “Obesità e diabete”, condividerlo per darvi ancor più fattiva attuazione con le più alte cariche istituzionali, a partire dal Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, il Ministro della salute, i Presidenti di Camera e Senato» ha annunciato l’On. Roberto Pella. «Il diritto all’accesso alle cure come componente imprescindibile del diritto alla tutela della salute dell’individuo nell’interesse della comunità è sancito dall’articolo 32 della Costituzione e anche in un momento difficile come questo deve essere garantito a tutti, soprattutto alle persone più fragili come chi ha una malattia cronica come il diabete, magari con comorbilità», ha rimarcato la Sen. Daniela Sbrollini, Co-Presidente Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”.

Come ogni anno, la Giornata mondiale del diabete è dedicata ad un tema specifico e quest’anno è intitolata “Diabetes: nurses make the difference” per mettere in evidenza l’importante ruolo degli infermieri nel sostenere le persone che convivono con il diabete. Infatti, nell’ambito dell’equipe diabetologica, l’infermiere ricopre una posizione fondamentale, di raccordo tra il medico, la persona con diabete e i suoi familiari. Poiché il numero di persone con diabete continua a crescere in tutto il mondo, il ruolo degli infermieri, e di ogni altro professionista sanitario di supporto, diventa sempre più importante nella gestione dell’impatto di questa condizione ed è quindi basilare investire nella loro istruzione e formazione. «L’infermiere in diabetologia, adeguatamente formato, si occupa di prevenzione, screening, progetta e personalizza l’intervento assistenziale sul bisogno del paziente al fine di agevolare la comprensione e l’aderenza alla terapia, la capacità di utilizzo di presidi terapeutici e di monitoraggio, il riconoscimento precoce delle complicanze o acuzie, con l’obiettivo finale di garantire alla persona con diabete un’elevata qualità di vita – ha detto Caterina Larocca, Presidente OSDI-Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani. Un efficace intervento educazionale non si improvvisa: richiede conoscenze, competenze e sviluppo di abilità relazionali ed educazionali dedicate. Ogni intervento educazionale mancato in ambito diabetologico rappresenta un fallimento per operatori sanitari, pazienti, collettività, ma anche per la sostenibilità, l’accessibilità e l’equità future del Sistema sanitario nazionale, considerate le previsioni d’incidenza della patologia. È indispensabile, per fare la differenza, investire su una formazione clinica e organizzativa avanzata e sulla certificazione delle competenze dell’infermiere di diabetologia», ha concluso. 

Per scaricare il Manifesto dei diritti e doveri della persona con diabete: https://www.diabeteitalia.it/area-download/send/9-documenti/127-manifesto-dei-diritti-e-dei-doveri

Ufficio Stampa dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e DiabeteHealthCom Consulting

Diabete: indice glicemico e carico glicemico.

L’indice glicemico di un alimento rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di quell’alimento.

L’indice è espresso in termini percentuali rispetto alla velocità con cui la glicemia aumenta in seguito all’assunzione di un alimento di riferimento (che ha indice glicemico 100): un indice glicemico di 50 vuol dire che l’alimento innalza la glicemia con una velocità che è pari alla metà di quella dell’alimento di riferimento.

I due alimenti di riferimento più utilizzati sono il glucosio e il pane bianco: è quindi possibile trovare indici diversi per lo stesso alimento: quando si confrontano gli indici glicemici di due alimenti (ricavati da fonti diverse) occorre accertarsi che siano calcolati in base allo stesso alimento di riferimento.Per calcolare l’indice glicemico rispetto al pane bianco basta moltiplicare per 1,37 quello calcolato rispetto al glucosio.

A tal proposito, gli alimenti contenenti carboidrati, vengono classificati e divisi in base alla capacità che hanno di stimolare la secrezione di insulina dopo loro digestione. Pertanto, ogni singolo cibo contenente carboidrati ha un diverso impatto sia sulla glicemia sia sull’insulinemia.

Per esempio, gli spaghetti, avendo un indice glicemico (espresso in percentuali) del 50%-59%, rispetto al pane bianco (100%), a parità di peso, determinerà un innalzamento della glicemia e di conseguenza dell’insulinemia più bassa; mentre lo produrrà più alto rispetto ad esempio ai legumi (con indice glicemico 20-29%) e cosi via.

L’indice glicemico cambia a seconda della varietà dell’alimento. In molti casi tale variabilità è modesta, in altri è talmente alta che il valore perde di ogni significato. È il caso del riso (48-112), del pane bianco (30-110), delle patate bollite (56-101).

L’indice glicemico varia a seconda del grado di maturazione. Anche in questo caso, per alcuni alimenti la variazione è notevole e rende il valore poco significativo.

Negli alimenti cucinati, l’indice glicemico varia a seconda degli ingredienti e della preparazione. Questo fatto implica che non si può determinare in modo sufficientemente preciso l’indice glicemico di un alimento cucinato in ambiente domestico o un alimento confezionato che non sia stato scelto come campione. Infatti nella tabella di riferimento viene sempre indicata la marca del prodotto testato.

Le considerazioni utili che si possono fare sull’indice glicemico sono le seguenti.

1) L’indice glicemico diminuisce se si aggiungono grassi ad un alimento. Questo fenomeno è dovuto al fatto che la digestione dell’alimento al quale sono stati aggiunti i grassi è più lenta, e quindi i carboidrati che contiene vanno in circolo più lentamente. Questo fatto si può verificare facilmente, basta confrontare (per esempio) il latte scremato e il latte intero. Quindi a volte non è sempre vero che un alimento “light” sia migliore del corrispondente “normale”, poichè potrebbe essere meno saziante (questo è particolarmente vero per lo yogurt).

2) L’indice glicemico diminuisce se si aggiungono proteine ad un alimento, per lo stesso motivo del punto 1.

3) Il rilascio totale di insulina non dipende dall’indice glicemico ma dal carico glicemico, ovvero dal prodotto tra indice glicemico e la quantità di carboidrati ingerita.

Per fare un esempio, due diete contenenti una 200 grammi di carboidrati a indice glicemico medio di 60 e l’altra di 150 g di carboidrati con indice glicemico di 80 hanno lo stesso carico glicemico (150Х80=12000, 200 Х60=12000).

Numerosi studi hanno valutato l’indice glicemico nella pratica clinica, con risultati talvolta positivi, altre volte più deludenti; il principio dell’attenuazione dell’iperglicemia post-prandiale è stato peraltro cavalcato in numerosi trials , spesso con risultati positivi sulla prevenzione del diabete e delle patologie cardiovascolari.

Volendo tradurre in consigli queste considerazioni, si scopre che chi segue una alimentazione equilibrata non aggiunge nulla al suo comportamento alimentare. Infatti:-> in una alimentazione equilibrata, composta da una quantità di carboidrati non superiore al 55% delle calorie giornaliere, dove quindi i grassi e le proteine non vengono demonizzati;-> in una alimentazione che ripartisce carboidrati, proteine e grassi in modo uniforme (ma non maniacale) nell’arco della giornata;-> in una alimentazione che consente il mantenimento del peso corporeo, e che quindi deve essere composta da alimenti sazianti; il carico glicemico è automaticamente sotto controllo, poiché la quantità di carboidrati è sotto controllo, e i grassi e le proteine, nonché l’assunzione di alimenti sazianti come verdura e frutta, contribuiscono ad abbassare l’indice glicemico anche dei cibi più a rischio.

Diventa perciò inutile dare eccessiva importanza all’indice glicemico.

Attenzione! Questo non significa che una fonte di carboidrati vale l’altra, ma che è assurdo ragionare su differenze minime o impostare un intero modello alimentare sull’indice glicemico. In parole povere, discriminare tra riso, pasta e patate non ha molto senso a parità di quantità, ha senso invece discriminare tra pasta e pasta integrale, o tra ciliegie e cocomeri, tra zucchero e fruttosio.

Farro ubriaco con salsiccia.

Il farro è considerato la più antica tipologia di frumento coltivato. Veniva utilizzato dall’uomo per la propria alimentazione già nel Neolitico.

il farro è un cereale ottimo per chi vuole dimagrire: le fibre e il basso indice glicemico aumentano il senso di sazietà, inoltre 100 grammi di farro contengono 335 calorie rispetto alle 353 della pasta. L’ideale sarebbe mangiare 140 grammi di farro con verdure, almeno 150 grammi, e concludere il pasto con un frutto.

Favorisce la digestione e combatte la stitichezza: la sua digeribilità è maggiore rispetto a quella di grano duro e grano tenero e per questo motivo contrasta la comparsa di gastriti e problemi allo stomaco; inoltre le sue proprietà lassative lo rendono un ottimo alimento per chi soffre di stitichezza. Il farro ha anche proprietà depurative: evita il ristagno della bile nell’intestino favorendo l’evacuazione, aiutando anche a prevenire tumori dell’apparato intestinale.

Utile a chi soffre di diabete:il farro è un alimento consigliato anche a chi soffre di diabete dal momento che il suo indice glicemico è inferiore a quello di riso, pane e pasta. Riesce quindi a mantenere sotto controllo la glicemia aiutando anche a prevenire il diabete di tipo 2 prevenendo anche il rischio di ischemie, insulino-resistenza e obesità.

Abbassa il colesterolo e aiuta il cuore: i fitoestrogeni contenuti nel farro aiutano a ridurre il colesterolo cattivo (LDL) nel sangue, aumentano anche l’elasticità dei vasi sanguigni. Inoltre ferro e rame aiutano la produzione di globuli rossi migliorando così la circolazione del sangue. I lignani e la niacina sono importanti per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.Informazioni nutrizionali per porzione

Valore energeticoper porzioneKCalKJoule
4071701
MacronutrientiQtàRipartizione
Proteine alto valore biologico6 gr
Proteine15 gr15%
Carboidrati40 gr41%
Grassi19 gr44%
Tipo di grassiQtàRapportoSat/Mono/Poli
Saturi5.6 gr1:1.9:0.5
Monoinsaturi11.0 gr
Polinsaturi3.0 gr
Altri nutrientiQtà% RDA
Colesterolo29 mg10 %
Fibre4 gr16 %
Sodio426 mg18 %
Ingredienti per 4 porzioni (1 porzione)
Olio di oliva extra vergine30 gr (8)
Cipolle80 gr (20)
Salsiccia di suino, fresca150 gr (38)
Vino rosso150 gr (38)
Farro230 gr (58)
1 rametto rosmarinoacqua 700 gr1 dado di carne1 pizzico pepe nero
Preparazione
Mettete a soffriggere la cipolla e il rosmarino. Unite la salsiccia e insaporite. Aggiungete il farro e il vino ROSSO e sfumate.Unite l’acqua e il dado e cuocete circa 30 minuti. Mettete in una zuppiera e spolverizzate con il pepe.
Categoria
Primi piatti
Difficoltà
Media
Tempo di preparazione
10 minuti
Tempo di cottura
50 minuti

Decifrata ‘firma immunitaria’ diabetici più a rischio Covid.

diabete e covid-19

Un prelievo sangue per predire pazienti che avranno forma grave.

Verso la possibilità di predire i pazienti diabetici più a rischio in caso di Covid: identificata, infatti, una firma immunitaria nei diabetici ricoverati per Covid che permetterebbe di prevedere il rischio individuale di finire in terapia intensiva. È il risultato di un lavoro pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine da ricercatori francesi dell’Inserm, dell’AP-HP e dell’Università di Parigi.
    Fin dai primi mesi della pandemia di Covid-19, il diabete di tipo 2 è stato identificato come un fattore di rischio per lo sviluppo di una forma grave della malattia e una maggiore mortalità. Capire il perché e identificare i biomarcatori per prevedere quali pazienti diabetici progrediranno verso una forma grave di Covid-19 che richiede la rianimazione è quindi una priorità per gestirli meglio e aumentare le loro possibilità di sopravvivenza.
    Il diabete di tipo 2 è caratterizzato anche da uno stato infiammatorio cronico, che porta al rilascio da parte del tessuto adiposo di molecole riconosciute come “segnali di pericolo” dal sistema immunitario. Di conseguenza la risposta immunitaria diviene eccessiva, portando a infiammazione dapprima localizzata e poi sistemica.
    Gli esperti francesi hanno sviluppato uno studio in ambiente ospedaliero condotto presso il “Centre Universitaire du Diabète et de ses Complications” con l’obiettivo di comprendere meglio il legame tra lo stato infiammatorio di soggetti con diabete e positivi al virus, e il rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19. Gli scienziati hanno esaminato la risposta immunitaria di 45 pazienti ospedalizzati con Covid-19, 30 dei quali avevano il diabete di tipo 2. Tra i partecipanti a questo studio, il 35% dei pazienti diabetici ha sviluppato la malattia in forma grave che ha richiesto la rianimazione, rispetto al 25% dei non diabetici.
    I ricercatori hanno analizzato campioni di sangue di tutti i partecipanti e scoperto che i pazienti colpiti più gravemente (tutti, indipendentemente dal diabete) avevano un numero inferiore di linfociti (un tipo di cellula immunitaria) rispetto ai pazienti che non erano stati in terapia intensiva. In particolare, il team ha osservato un livello particolarmente basso di linfociti citotossici CD8+, cellule immunitarie particolarmente coinvolte nella risposta antivirale.
    Ma non è tutto, i pazienti diabetici in rianimazione hanno anche un livello più basso di ‘monociti’ (un altro tipo di globuli bianchi) nel sangue. Sono stati osservati anche cambiamenti nella morfologia di queste cellule immunitarie, che avevano una dimensione media maggiore rispetto a quelle dei pazienti non diabetici. Infine, i ricercatori hanno trovato una maggiore presenza di marcatori infiammatori, potenti molecole antivirali.
    Quindi, se i medici vedono una diminuzione dei monociti e un cambiamento di forma in queste cellule, hanno la possibilità di identificare i pazienti che richiederanno un ulteriore follow-up e potenzialmente un posto in rianimazione.
    “Questi risultati hanno una potenziale importanza clinica, se confermati in altre casistiche – sottolinea in un commento all’ANSA Francesco Purrello, diabetologo dell’Università di Catania e Presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID). Poter predire in tempo i pazienti diabetici a maggior rischio di decorso complicato ed esito infausto, ci permetterebbe di iniziare fin da subito cure aggressive per anticipare il peggioramento delle condizioni cliniche – continua. Va sottolineato che in tutte le casistiche mondiali, i pazienti con cattivo controllo della malattia (scarso compenso glico-metabolico) erano quelli con maggiore rischio di morte. I nostri sforzi quindi sono tesi da un lato a prevenire la malattia in questi soggetti “fragili”, dall’altro a individuare al più presto delle caratteristiche che ne indicherebbero una maggiore probabilità di complicanze”, conclude Purrello.

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Diabete: nasce la figura del paziente esperto in fitwalking.

Il fitwalking non è una semplice passeggiata, ma un’attività motorio-sportiva per il fitness, la salute e il benessere da praticare in relax, divertendosi. Associata alle normali terapie mediche aggiunge i benefici – scientificamente determinati – dell’attività fisica alla gestione della malattia nelle persone con diabete. 

I pluri-campioni, e fratelli, Maurizio e Giorgio Damilano, con il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto Cities Changing Diabetes, mettono a disposizione le loro conoscenze e metodologie sportive per formare, insieme alle associazioni delle persone con diabete e ai loro coordinamenti regionali, figure capaci di trasmettere una filosofia e insegnare una disciplina che va oltre il semplice stile di vita salutare. I corsi pilota a Milano, Roma, Bologna, Torino, Bari, nelle Marche e in Calabria. 

Che l’attività fisica sia un efficace strumento per la prevenzione e per la cura del diabete di tipo 2 è noto da oltre vent’anni. I benefici dell’attività di tipo aerobico riguardano tutti gli aspetti della sindrome metabolica e sono chiaramente documentati: la riduzione della massa grassa, soprattutto viscerale, l’aumento della sensibilità insulinica, la riduzione della pressione arteriosa, dell’emoglobina glicata, del colesterolo LDL, dei trigliceridi. I risultati complessivi di questi effetti sono la riduzione della mortalità per cause cardiovascolari compresa tra il 30 e il 60% nei vari studi epidemiologici e la riduzione della mortalità da tutte le cause. 

Partendo da questi presupposti medico-scientifici, Maurizio Damilano, il pluricampione olimpico e mondiale di marcia che insieme al fratello Giorgio, anch’egli marciatore di alto livello, ha dato vita in Italia, nel 2001, alla disciplina del fitwalking, e che in questi anni si è molto avvicinato al mondo del diabete, mettendo a disposizione della comunità medica e dei pazienti le sue competenze e metodologie sportive, ha ipotizzato la possibilità di formare “pazienti esperti in fitwalking”, capaci di insegnare alle persone con diabete come loro a sfruttare al meglio i benefici di questa attività fisica per migliorare il controllo della loro malattia. 

Il fitwalking, infatti, è un modo sportivo di camminare. Come sottolinea Maurizio Damilano: «Non è sufficiente camminare per fare al meglio la passeggiata, il trekking, lo sport, il tour culturale e turistico o l’attività salutistica, ma è necessario camminare bene, ossia camminare osservando una corretta meccanica del movimento, acquisita conoscendo e praticando la tecnica del fitwalking. Una tecnica semplice ma indispensabile per trasformare il normale camminare in forma sportiva e adatta a tutti.» 

L’idea è stata raccolta da Cities Changing Diabetes, progetto realizzato con il contributo di Novo Nordisk e per il quale Damilano e il suo team hanno già sviluppato specifici percorsi per camminare dedicati alle persone con diabete nell’ambito del programma di promozione salutistica e del territorio Città per Camminare e della Salute, realizzato con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute, del Ministero delle Regioni e del Turismo e dello Sport, della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, dell’Unione delle Province Italiane, del CONI e grazie al supporto dell’Agenzia Nazionale dei Giovani. 

Partita il 15 ottobre con un corso destinato a selezionati profili individuati dalle associazioni di persone con diabete e dai loro coordinamenti regionali di Marche, Calabria e delle Città metropolitane di Milano, Roma, Torino, Bologna e Bari, l’iniziativa proseguirà nel 2021, con l’obiettivo di formare, certificandone le competenze, la figura del “paziente esperto in fitwalking”. 

“La mia esperienza fatta sia con ASL CN1 che adesso presso la ASL Città di Torino di sfruttare la camminata a passo svelto – il fitwalking – in associazione alla terapia farmacologia e a una alimentazione corretta, mi ha permesso di osservare come questa attività motoria sia ideale per le persone con diabete, con un beneficio derivante dalla pratica indipendente dall’età del paziente e dalla durata della malattia. Si tratta di una attività che, se opportunamente modulata, può essere praticata da tutti senza controindicazioni. I benefici che si ottengono da una pratica sportiva costante, permettono una migliore qualità di vita dei pazienti associata spesso a una riduzione dei farmaci impiegati”, commenta Salvatore Endrio Oleandri, Direttore S.C. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, ASL Città di Torino. 

Novo Nordisk Italia

Telemedicina e diabete del bambino e dell’adolescente. Inaugurato a Verona un servizio con un team di specialisti consultabile da tutta Italia.

Inaugurato il primo servizio in Italia di telemedicina interamente dedicato ai bambini e adolescenti con diabete e alle loro famiglie.

Il servizio di telemedicina, realizzato grazie a Regione Veneto, Università di Verona e Azienda Ospedaliera Universitaria integrata e Associazioni di famiglie di bambini e ragazzi con diabete, ha sede nel Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica all’interno dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona.

 “L’obiettivo – spiega Claudio Maffeis, direttore del Centro Regionale e professore del dipartimento di Scienze chirurgiche, odontostomatologiche e materno infantili dell’ateneo – “è offrire attività di educazione terapeutica all’autogestione della malattia e supporto nutrizionale e psicologico, a tutte le famiglie impegnate quotidianamente nel difficile compito di gestire il diabete.”

“L’aspetto innovativo – aggiunge Alberto Sabbion, coordinatore del servizio di telemedicina – è dato dalla possibilità offerta all’utente di fruire a distanza della consulenza di un team multidisciplinare dedicato a questa attività, costituito da pediatra, dietista, psicologo e infermiere specializzati nel diabete in età pediatrica”.

“Questa iniziativa costituisce un ottimo esempio di innovazione volta a rispondere ai bisogni dei piccoli pazienti e delle loro famiglie – rileva Pier Francesco Nocini, Rettore dell’Università di Verona – a prova dell’ottimo rapporto di collaborazione e integrazione tra Università e Azienda Ospedaliera”.

“Grazie a quanto stabilito da una recente delibera della Regione Veneto, che ha sostenuto questo progetto” aggiunge Francesco Cobello, Commissario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, “i genitori potranno prenotare con impegnativa del proprio medico ed effettuare a distanza una televisita o prendere parte ad incontri di formazione di gruppo in videoconferenza”.

La televisita non ha lo scopo di sostituire la visita in presenza ma di integrarla favorendo così il percorso di cura e l’aderenza alla terapia, riducendo le difficoltà legate alla distanza e ai tempi di spostamento delle famiglie, così importante soprattutto in questa situazione di pandemia Covid-19.

I bambini affetti da diabete in Italia sono circa 20.000, 1500 in Veneto. A Verona vengono seguiti ogni anno circa 600 bambini e adolescenti e il loro numero è in lento ma costante aumento. I motivi di questo aumento, segnalato anche in altri paesi, non sono noti.

“Oltre al servizio indirizzato alle famiglie” affermano i rappresentanti delle Associazioni dei pazienti “la telemedicina può favorire un miglior inserimento nel contesto sociale del bambino e adolescente con diabete, attraverso attività formativa rivolta agli operatori della scuola e delle società sportive e a tutti gli educatori ai quali sono affidati”. 

Sempre nell’ottica di sostenere ed essere vicini ai pazienti e alle loro famiglie, da venerdì è online anche il nuovo sito web del Centro Regionale per la Diabetologia Pediatrica, www.diapedverona.it, dove si possono trovare tutte le informazioni sulle attività svolte dal suo team e le relative indicazioni sulle modalità di prenotazione, con particolare riferimento a quelle svolte in telemedicina.

Ufficio Stampa e Comunicazione istituzionale

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